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mercoledì 25 luglio 2012

Ihsahn - "Eremita"

Full-length, Candlelight Records, 2012


Ihsahn è l'esempio perfetto di cosa vuol dire essere un artista talentuoso, colto, intelettuale, raffinato e sperimentatore, mai fermo sui propri passi sin da quando aveva 16 anni: Vegard Sverre Tveitan è un vanto per il nostro genere; la mia ammirazione nei suoi confronti è più che totale, tanto da poterlo definire il mio artista preferito.


Il precedente Full, "After", recensito anch'esso in questa sede, l'ho letteralmente consumato: esso rappresentava la fine della prima trilogia solista di Ihsahn, mentre questo nuovo "Eremita" è l'inzio di un nuovo capitolo. Quando si ama alla follia un disco, il rischio più grosso è rimanere delusi dal suo successore, ma con Ihsahn questo rischio diminuisce di molto per due motivi: uno perché il norvegese difficilmente crea lavori banali o malfatti, due perché conoscendo l'artista in questione, si sa che la musica da un suo lavoro all'altro può essere anche drasticamente diversa.

Il 2012 quindi segna finalmente il suo ritorno sulle scene con un album che come c'era da aspettarsi rappresenta un ulteriore passo avanti nel percorso musicale del nostro, ma che al tempo stesso ripresenta elementi del passato, elementi praticamente scomparsi su "After" e che qua ritornano; inoltre un elemento introdotto nel precedente disco ora diventa parte integrante del suond: sto parlando del Sax di Jørgen Munkeby. Ascoltando "Eremita" sembra di essere sospesi tra futuro e passato, le composizioni sono sempre più tecniche, complicate, schizofreniche e meno immediate; Ihsahn si diverte parecchio nell'uso della sua ottocorde e mette in mostra le sue invidiabili doti tecnico-
compositive.

L'opener "Arrival" è perfetta per mettere in chiaro questo aspetto, il riffing inziale è pesantissimo e intricato, fino a quando arriviamo alle clean vocals di Einar Solberg (Lepruos), che aveva già prestato ugola e tastiera durante i concerti di reunion degli Emperor: in questa canzone però si può anche iniziare a sentire un utilizzo delle tastiere che Ihshan non usava da circa quattro anni, aspetto che poi ad esempio è esaltato al massimo in "Something Out There", canzone che ricorda veramente quanto inciso su "AngL" o "The Adversary", ma che possiede comunque elementi nuovi, individuabili nel refrain per esempio o in certe partiture in chiusura della canzone; le lyrics, poi, sembrano autobiografiche. Altri esempi di questa altalena del tempo sono "The Paranoid", con un chorus davvero incredibile e un riffing da far venire la pelle d'oca: in questo pezzo il collegamento con il passato è rappresentato da certi passaggi di chitarra, che riportano al progetto "Hardingrock", mentre in "Introspection" abbiamo il graditissimo intervento di Devin Townsend, che verso la fine mi ha ricordato in qualche modo gli Iron Maiden, un po' per certi arpeggi e un po' per l'assolo di chitarra: del resto Ihsahn non ha mai nascosto l'amore per il gruppo londinese.

Il capolavoro dell'album è sicuramente "The Eagle And The Snake", suite di otto minuti abbondanti, in grado di far scorrere un brivido lungo la schiena: nel brano in questione Ihsahn è accompagnato dalla chitarra di Jeff Loom (Ex-Nevermore), che ci regala uno splendido assolo, oltre che dall'immancabile Sax di Jørgen Munkeby; quest'ultimo poi ha un ruolo fondamentale anche in "The Grave", canzone dalle fortissime tinte Doom che in certi momenti può essere accostata a "On The Shore", presente sul precedente platter: la canzone è introdotta da una tetra intro, "Grief", che mi ha riportato alla mente i Thou Shalt Suffer o i Peccatum; questi ultimi in particolare rivivono nella conclusiva "Departure",
in cui partecipa anche la moglie di Ihsahn, Heidi. A mio avviso quest'episodio poteva essere migliore, essendo forse la peggiore del lotto, anche se i momenti di genialità non mancano.

Tirando le somme questo "Eremita" è come c'era da aspettarsi un grande disco con moltissimi elementi interessanti, tanto che per cercare dei difetti bisogna usare il lanternino ed essere molto pignoli. Posso solo dire che io preferisco "After", che in linea di massima mi è sembrato un lavoro più compatto, però "Eremita" l'ho ascoltato un numero irrisorio di volte rispetto al precedente e quindi ho tutto il tempo per cambiare idea. "Eremita" mi ha dato l'idea di un lavoro di transizione: se però questa dovesse essere una scossa d'avvertimento, non vedo l'ora che ne arrivino altre, ma soprattutto che arrivi il terremoto!

Recensione a cura di: Pravus
Voto: 86/100


Tracklist:

1.Arrival 05:40 
2.The Paranoid 04:43 
3.Introspection 05:37 
4.The Eagle and the Snake 08:47 
5.Catharsis 04:50 
6.Something Out There 05:09 
7.Grief 02:21 
8.The Grave 08:18 
9.Departure 07:06
10.Recollection (Bonus Track) 05:39

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