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lunedì 17 novembre 2014

Barshasketh - "Sitra Achra"

Full-lenght, Todestrieb Records, 2013


Chi ha detto che il Black Metal è un fenomeno tipicamente norvegese? Con l’esplosione di internet e dei social network il genere si è diffuso in maniera capillare in ogni parte del globo; direttamente dall’altra parte del mondo, più precisamente dalla Nuova Zelanda, vengono infatti i Barshasketh, giunti con questo "Sitra Achra" al loro secondo Full-lenght.

Come al solito, mi trovo impossibilitato a trovare le lyrics e quindi a dare un giudizio sulle stesse, anche se il titolo dell’album (il Sitra Achra è il mondo infernale cabalistico) ed alcuni titoli delle canzoni mi suggeriscono che il gruppo sia improntato verso un esoterismo di campo gnostico/luciferiano. Spulciando i Metal Archieves, ho scoperto che i membri del gruppo, probabilmente notati da qualche talent scout, si sono trasferiti a Edimburgo e hanno firmato un contratto con una label inglese, la Todestrieb. Credo proprio che la casa discografica, producendoli, abbia fatto un ottimo affare, perché questo "Sitra Achra" è un piccolo capolavoro. La band, infatti, riesce a sintetizzare perfettamente in quest’album un Raw Black Old Style molto melodico e molto vicino allo stile norvegese, con passaggi dissonanti e atmosferici tipici del miglior BM francese contemporaneo, riuscendo al contempo ad affermare una sua personalità ed originalità. Da apprezzare assolutamente la sessione ritmica ed in particolare (ma qui non so se sia un merito della casa discografica o dello strumentista) il modo in cui è stata registrata la batteria, praticamente senza trigger ma allo stesso tempo con suoni assolutamente distinguibili e presenti. L’unica nota negativa che mi sento di sottolineare riguardo a questo lavoro è il fatto di aver messo, forse, un po’ troppa carne al fuoco, nel senso che alcune escursioni sperimentali, soprattutto nel primo brano, mi paiono un po’ eccessive; inoltre, pare evidente il fatto che la band debba ancora trovare al 100% un suo sound, sebbene rispetto al lavoro precedente sono stati fatti passi da gigante. In ogni caso, in quest’album i pregi superano di gran lunga i difetti.

Passiamo ora all’analisi specifica dei brani. La title track inizia con un piano che non ti aspetti e poi prosegue in un crescendo fra l’atmosferico e il dissonante, mantenendo per tutta la canzone un impianto complessivo estremamente melodico che sembra quasi uscire dai canoni Black Metal. Sebbene il brano sia eseguito sicuramente in maniera ottima, è proprio l’impianto eccessivamente (e forse forzatamente) sperimentale a costituirne il suo limite, quasi che i Barshasketh volessero con questo pezzo affermare a tutti i costi la propria unicità e personalità finendo però per ricadere in cliché abbastanza scontati; in particolare nella sovrapposizione fra Scream e Growl nel finale. Si migliora e si migliora di brutto con il secondo pezzo, "Malaise", forse il migliore di tutto l’album, un unione perfetta di tremolo picking arpeggi e alcuni, moderati, cambi di tempo conditi da un tappeto ritimico davvero favoloso - ancora complimenti a basso e batteria - e dal sofferente screaming del singer che imperversano per tutti e sette i minuti del brano, senza annoiare minimamente l’ascoltatore. "Malaise" è sicuramente un brano più classico rispetto al precedente, ma non per questo è privo di personalità: al contrario, in esso sembra emergere in maniera molto più organica rispetto al precedente lo stile della band. Il pezzo successivo, "L’Ange Du Meridien", è forse il più spinto del disco, almeno per quanto riguarda la prima metà del brano che, sicuramente, è estremamente coinvolgente ma forse anche eccessivamente lungo. C’è una sola parola per descrivere pezzi come "Bitter Sagacity", "Sonnet to Orpheus" e "Leaden Horizon": STUPENDI. Forse lo stile, assoli a parte, è un po’ più classico (fra il norvegese e il finlandese a mio modesto parere) e forse non saranno riff super innovativi, ma per un amante del Black più puro come il sottoscritto, sentire questo tipo di brani e l’oscurità che sembrano emanare da ogni singola nota non può che far piacere. Interessante e sicuramente molto riuscita in questo caso la sovrapposizione fra Scream e Growl in "Sonnet to Orpheus", e ottimo l’incrocio armonico fra le due chitarre presente in "Leaden Horizon". Una nota a parte merita l’ultimo pezzo, davvero molto particolare: da un inizio molto lento, abbastanza canonico e, oserei dire, quasi Depressive, si passa infatti ad un'accelerazione improvvisa e inaspettata quasi Thrash verso il secondo minuto del brano, per poi ridiscendere in uno splendido vortice  BM in stile Thorns dal terzo minuto al quinto, al quale segue, infine, un ottimo bridge che fa da preambolo a una conclusione in mid tempo accompagnata da un azzeccatissimo tappeto di doppio pedale. "Schlußstück" è, quindi sicuramente un'altra canzone dove emergono la personalità e l’originalità della band che non ha affatto paura di osare ed uscire dai canoni.

In conclusione mi sento di dichiarare che questo "Sitra Achra" è complessivamente un ottimo album, il cui ascolto è assolutamente consigliato a tutti gli amanti del Black Metal.

Recensione a cura di: The Anti-Life
Voto: 84/100


Tracklist:

01.Sitra Achra 04:08    
02.Malaise 07:09    
03.L'ange du Meridien 05:52    
04.Bitter Sagacity 06:16    
05.Sonnets to Orpheus 07:56    
06.Leaden Horizon 06:40    
07.Schlußstück 07:07
   
Durata 45:08

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